25 gennaio 2008

L'Aurora

L'Arora è una delle tradizioni popolari molto seguite e amate dai Mazaresi. Nella provincia di Trapani solo a Mazara e a Castelvetrano si celebra la funzione dell'Aurora, e pare che anche da noi, come è certo per Castelvetrano, sia stata introdotta dai Padri Carmelitani Scalzi e quindi non prima del 1667, quando cioè quest'ordine religioso venne a stabilirsi in Mazara del Vallo nel convento di Santa Teresa. Con nomi diversi e con qualche variante si celebra pure in una ventina di comuni della Sicilia e in alcuni altri della Calabria, dove è chiamata col nome di Affrontata. Rappresenta l’incontro tra Gesù risorto e sua madre Maria. I simulacri dei due personaggi vengono trasportati a spalla da gruppi di portatori che, per tre volte, trasportano la madonna Addolorata da un lato all’altro in piazza della Repubblica, fin quando, al terzo viaggio, compare Gesù dalla via XX Settembre. Appena si trovano uno di fronte all’altro i portatori fanno ballare di gioia le due statue e dal mantello caduto della Madonna prendono il volo colombe bianche e palloncini colorati. È uno spettacolo sacro che si va sempre più modificando, e anche da noi come altrove non ha più luogo al levar del sole, quando avvenne cioè il divino prodigio, come narrano i sacri testi, ma verso le nove. Le due statue, che da poco sono state cedute alle chiese di Santa Agnese e di Santa Caterina, appartenevano un tempo al canonico Leone, da cui per testamento la statua della Madonna passò a don Ottavio Bianco e successivamente alle famiglie Salerno, Nisi, Ragusa; e quella del Cristo a don Leonardo Bianco e successivamente a Maria Bianco, al sac. Pietro Bianco e infine alla famiglia Mattana, con l'obbligo che il giorno di Pasqua dovevano essere cedute ai confrati della Grazia per la funzione dell'Aurora. E quando una volta, or non è molto, per una ragione poco plausibile, non si volle cedere la Madonna, i confrati seppero far valere il proprio diritto rivolgendosi alle Autorità.
Prima del 1860 nel bel mezzo della festa tutto ad un tratto dalla via Maestranza, oggi Garibaldi, sbucava un uomo, tutto avvolto in un sacco di tela gialla, su cui anteriormente spiccava uno scheletro dipinto in nero. Portava in mano una falce e una cesta e, seguito da un codazzo di monelli, facendosi largo tra la folla, toglieva ai bambini il campanaro e quant'altro avevano, fra mani, col tacito consenso dei genitori. Era la Morte di Pasqua che estendeva la rapina anche nelle botteghe di generi alimentari, dove, passando, pur con discrezio­ne, prelevava sempre qualche cosa. Più manieroso, ma meno discreto, era invece in tempi lontani il magister scholae, un prete, a cui, durante le feste del Salvatore, era accordata una facoltà presso a poco uguale a quella della Morte di Pasqua, ma in un campo più vasto, perché poteva affondare le mani anche nei pollai e nelle mandrie. E in tempi ancor più lontani troviamo il diacono che riceveva l'ordine sacerdotale, il quale si faceva apprestare da parte della cittadinanza, per amore o per forza, il corredo personale completo o, in mancanza, il denaro corrispondente. Per togliere tale abuso intervenne tempestivamente il Sinodo diocesano nel 1575 che sanzionò pene severe, compreso il carcere, per il sacerdote novello che avesse osato etiam a consanguineis sirniles exationes extorquere, così per farla finita con la Morte di Pasqua intervennero i liberali nel 1860, i quali, durante la funzione dell'Aurora di quell'anno, attesero che essa comparisse in piazza per aggredirla, spogliarla del sacco giallo e rimandarla a casa con modi molto persuasivi. Ma il gesto dei liberali non valse a far scomparire l'usanza, la quale durò per pochi altri anni ancora, finché nel 1864, in seguito a un articolo pubblicato in un giornaletto di Castelvetrano e mandato dal corrispondente di Mazara, le Autorità pensarono a farla cessare per sempre ritenendola «un oltraggio al progresso, alla civiltà e alla pura religione di Cristo»
Chi per l'ultima volta indossò il sacco giallo della Morte di Pasqua fu certo Rosario Pisano, un contadino lungo, allampanato e magro, il cui nome rimase per alcun tempo proverbiale in mezzo al popolo per indicare una persona con la tendenza a rapire. Ma le modificazioni continuano ancor oggi: così non vediamo più il ripetersi dello spettacolo tra i contadini in via Madonna del Paradiso, né vediamo più i piccoli venditori ambulanti di cubaida, ma venditori di moderni giocattoli, palloncini, calia, nocciolini e simenza.


L'Aurora - Anni '50
1952
Mirasolo Nicolò, Vito Gancitano (Vitu testa)






1965 
Notare lo sfondo in cui si vede il penoso spettacolo della demolizione, del vecchio municipio 


2000

2011

Ascensione

L'Ascensione di Gesù in cielo, dopo la sua resurrezione è una delle tradizioni e delle manifestazioni del sentimento di religiosità popolare ancora vivo nella cultura siciliana. Essa vive e si accompagna da generazioni, oltre ai riti religiosi, a feste, giochi, scampagnate. In altre regioni invece, molte tradizioni, tra cui questa, sono già sbiadite e pian piano tendono a scomparire. Ecco alcune immagini di come un tempo i mazaresi raggiungevano i posti di campagna, con amici e parenti per festeggiare.
1946 - Il classico carretto siculo
Giovanni Amaro, Pino Milone, Pino Grassa, Francesco Pizzo, Lorenzo Bonsignore, Filippo Sinacori, Edoardo Romeo (scacchiatu), Vito Mattana

il furgone da lavoro
Alla guida Filippo Sinacori. 
Da sin: Francesco Pizzo, Isidoro Spanò, Pino Grassa, Lorenzo Bonsignore, Andrea Sinacori, ?, Pino Milone, Vito Mattana, 

Gli appassionati cacciatori approfittavano dell'occasione per qualche battuta
Pino Milone, Andrea Sinacori, Edoardo Romeo, Isidoro Spanò, Vito Mattana, Filippo Sinacori, Pino Grassa, Francesco Pizzo, Lorenzo Bonsignore, Vito Mattana


Lorenzo Bonsignore, Pino Grassa, Edoardo Romeo

1957 - San Vito
Peppe Agueci, Roberto Barbera, Pierina Dolores, Mimma Barbera, Antonietta Urso, Tano Marrone, Pippo Dolores
1967 - Gita a Selinunte per l'Ascensione 
Maddalena Cracchiolo, Nina D'Aleo, Angela Cristaldi, Matteo Cracchiolo, ?, Salvatore Cristaldi, Piero Cracchiolo

24 gennaio 2008

Festino di San Vito

La processione storico-ideale a quadri ha le sue origini nel 1600 e costituisce uno dei momenti salienti del Festino. In essa la fede e la devozione si fondono in una rievocazione della vicenda cristiana che ebbe per protagonisti San Vito, i suoi educatori Modesto e Crescenza, il padre Ila, l'imperatore Diocleziano e il governatore Valeriano. E' una manifestazione liturgico-folkloristica che tende ad affermare la matrice religiosa del popolo mazarese e allo stesso tempo concorre a dare un tributo di riconoscenza e venerazione al Santo Patrono. San Vito fu fatto patrono, su richiesta del mazaresi al vescovo mons. La Cava nel 1614, per supplicarlo di proteggere la città dal dilagare della pestilenza. Patrono di Mazara, sino ad allora, era il S.S.Salvatore, che era stato proclamato tale da Ruggero II nel 1072. Nel 1625, durante il diffondersi di una nuova pestilenza, mons. La Cava ottenute alcune reliquie di Santa Rosalia dall'arcivescovo di Palermo Giannetto Doria, proclamava compatrona la Santa palermitana. Pertanto da allora Mazara del Vallo ha tre patroni, ma i mazaresi "moderni" venerano esclusivamente, San Vito.

Preghiera a San Vito martire

Santu Vitu, a cui Mazara
comu patria è grata e cara,
deh! prìati, o protetturi,
chi nun manni lu Signuri
a stu populu divotu
fami, guerra e tirrimotu;
e nni scansi di timpesti
di Culera e di la Pesti.
Gluriusu invittu Santu,
di 'sta Patria onuri e vantu
lu cui vrazzu, opriraturi
di prodigi e di stupuri,
custodisci, ed arripara
la diletta sò Mazara;
lu cui peri gira attornu
la citati notti e jornu
lu cui cori è sempri 'ntentu
a lu nostru sarvamentu.
Protetturi, chi guardatu
Vui n'aviti sempri e amatu,
di la solita manera
discacciati lu Culera
d'ogni parti e liberata
sia la Patria nostra amata,
e ottinitici la sorti
di guardarVi doppu morti,
'Mparaddisu unni Vui stati
cu li Santi e li Beati.

(Questa preghiera, ottonari in rima baciata,  fu composta dal poeta Rosario Amato, medico del monastero di San Michele Arcangelo, nel 1837, in occasione del terribile Colera che colpì la nostra città, e pare che l'originale sia ancora negli archivi di detto monastero. Venne stampata in Mazara il 6/7/1894 dalla tipografia di Giuseppe Ajello & Figli.) 

Rosario Amato nacque a Castelvetrano da Cosimo e Vincenza Ricca il 19/3/1790: Fu medico chirurgo e poeta di un buon livello. Scrisse Lu tistamentu di lu sceccu in ottava rima. Un'ottava in onore di don Pietro Ugo, marchese delle Favare. Scrisse, anche, altre opere che rimasero manoscritte. Morì in miseria il 14/1/ 1865 lasciando in povertà la moglie donna Angela Napoli e tre figlie nubili. Gli è stata dedicata una modesta via cittadina.
1880


1904 - Manifesto


Li tammurinara
Nelle processioni aprivano il corteo con i tamburi grandi come una botte. Erano due. Mentre uno faceva il rullo, l'altro faceva l'accompagnamento. Uno dei più provetti fu Giovanni Buffa. Di generazione in generazione la famiglia Buffa ha trasmesso la pasione e ha partecipato alla banda musicale cittadina, che diretta allora dal maestro Scorrano, era chiamata ad allietare le feste anche al di fuori della città. Il figlio di Giovanni e di Minica, Turi detto, appunto, Vanniminica, era apprezzato per la sua magistrale rullata, che durava anche mezz'ora in continuo crescendo.

Anni Quaranta

La Cursa di li giannetti 
 (la corsa dei cavalli) 
Secondo la versione attendibilissima di don Lorenzo Inzerillo (nel suo simpaticissimo libro "Le Mazarisate", edito dall'Istituto Euro Arabo), era così denominata la corsa di cavalli senza fantini, che si svolgeva in via Popolo (poi denominata via Vittorio Veneto), ed avveniva durante le feste principali: quella di San Vito e quella della Madonna del Paradiso. Gli animali venivano portati dai loro proprietari, nella nostra città, da ogni parte della Sicilia e erano affidati agli "uzzuna", cioè a coloro che avevano il compito di accudirli, tenerli a freno, in attesa del segnale di avvio. Questi uzzuna hanno creato a Mazara un detto: "Si sciarrianu comi li uzzuna", cioè si disputano come i palafrenieri, per dire che fanno finta di venire a vie di fatto, ma poi finiscono con il recarsi alla taverna per un'amichevole bevuta. Infatti questi signori, all'atto della partenza dei cavalli, tentavano di rubare mezzo metro di vantaggio, tra le contumelie e le parolaccie degli altri inviperiti e minacciosi. Finita la corsa, si vedevano in giro scambiarsi pacche sulle spalle allegramente. Uzzuna, termine usato nella Sicilia occidentale, sta per "gemello" (di animale), cioè queste persone, nel periodo delle gare, vivevano in simbiosi con il "loro" cavallo, da qui uzzuni (gemello di animale), per significare il loro profondo legame istauratosi. Tra i cavalli che godevano la simpatia del popolo si ricordano "l'aceddu di Marsala" e "la saitta di Sciacca".
Il percorso partiva dalla casa dell'avv. Mario Certa (l'ultima prima della Stazione) e l'arrivo era nei pressi del Ponte sul Mazzaro. In piazza Stazione, oggi Alcide De Gasperi, vi erano gli addetti alla corsa e i collaboratori dei partecipanti. Migliaia di persone erano snodate lungo il percorso ad incitare i propri beniamini. Il palchetto di legno che si vede è nella piazza Porta Palermo e subito dopo c'è la via Madonna del Paradiso. I cavalli forse sono "scossi", cioè hanno perduto il loro cavaliere e corrono in direzione Stazione (spesso il percorso veniva invertito). La traversa che segue è la via mons. Valenti. Ingrandendo la foto, sulla destra, si nota una tenda bianca, parasole. Lì quasi sicuramente c'erano i rappresentanti del Comitato organizzatore e mi sembra di intravedere i trofei. Il palchetto di legno invece serviva, secondo me, al giudice di gara come postazione al centro del percorso, a mo di torretta d'osservazione! La partenza avveniva sempre con la campana e con il botto, cioè con uno sparo di mortaretto ed il tocco della campana, e i cavalieri cavalcavano gli animali senza la sella. I ragazzi dell'epoca, quando facevamo gare di corsa, alla partenza, imitavano a voce la campana e lu bottu: "dilin, dilin, Bouuum! E partiva la corsa. Giorni prima di la Cursa, il Sindaco pro tempore faceva girare il banditore per le vie cittadine, con il tamburo. L'avviso era il seguente: lu Tammurinaru del tempo, don Pippinu Alessandrino (lu puddricinaru, così soprannominato perchè arrotondava vendendo puddicini e puddastri, accussì abbanniava: "Sintiti, sintiti! Duminica ci su li Cursi di li Cavaddi,! Attinzioni, attinzioni! Cu si scaccia, scaccia, lu Sinnacu si la sente scutulari!! ". (Udite, udite, attenzione, attenzione! Se qualcuno si fa male, il sindaco non intende risponderne).
Per gli amatori una delle tante corse (certe) si svolse domenica 29 agosto 1954, durante un festino.


Data la difficoltà a reperire fondi per il Festino di San Vito (ma anche per la Festa per la Madonna del Paradiso) si escogitava la vendita di "polise"(ticket) per partecipare a un sorteggio. Data la fame che regnava allora, vincere una vitella era una vera manna dal cielo per le famiglie bisognose. L'animale sorteggiato era una vitella

Agosto 1946 - Piazza  Municipio

Una gincana molto singolare, forse nell'ambito dei festeggiamenti del Festino, non avendo ulteriori conferme l'ho postata in questa sezione. Siamo ad un anno della fine del secondo conflitto mondiale e il popolo ha fame, anche, di spensieratezza e serenità. Primo classificato, per il minor tempo impiegato, Salvatore Burgio, maestro elementare (nipote dei Burgio "patatari"), ammontare del premio 6.000 lire. Secondo classificato Mimì Livorsi. Quella moto mi sembra una Benelli (175 o 500). 
Anni Cinquanta
Lungomare "Giuseppe Mazzini"
I giochi a mare

Imbarco del Santo


Tutti a San Vito Extra moenia

Anni Sessanta - Porto canale
Lu iocu di li pignati e quello di l'antinna, in antico, si era soliti eseguirlo in tutte le Feste paesane (e non tutti i paesi erano ubicati sul mare). Se si effettuavano sulla terra ferma (anche a Costiera era solito effettuarle) il palo (l'antinna) era piazzati in posizione verticale, cosparso di “sapuni moddu” lo si piantava a terra e alla cima si collocava una bandiera, la cui conquista, rappresentava la vittoria (e lauti premi) per il primo che vi riusciva. Lu iocu di li pignati lo si realizzava stendendo un filo tra due case, tra due alberi, ecc e vi legavano le pentole a contenuto vario; le più belle erano quelle contenenti la cenere, che mandavano in visibilo gli spettatori, allorquando lo sfortunato battitore (la pentola di terracotta la si rompeva a colpi di bastone) veniva travolto dalla cascata di cenere, carbone e volte qualche cattivello vi collocava pure la fuliggine. A Mazara se la festa era realizzata “dintra terra” si eseguiva con queste modalità, se era “a la marina” il palo si collocava e lo si fissava sulla banchina e lo proiettava verso il fiume, mentre il filo lo si stendeva tra le due sponde del porto canale o tra due barche collocate tra le opposte rive (come si evince dalla foto). 



Lu Iocu di li pignati, durante i festeggiamenti in onore di San Vito


Lu iocu di li pignati
sul molo "Giuseppe Caito"




Notate la grande partecipazione della popolazione, con tifo da stadio.




1960 - Santino ricordo - Una chicca riguardante il nostro patrono
Dal 24 Luglio al 9 Agosto del 1960 le sacre reliquie di San Vito Martire, provenienti dalla nostra città, vennero esposte a Mascalucia (città che ha anch'essa per patrono San Vito) 

Anni Settanta
28/8/1977
In piazza San Michele per la discesa della Statua del Patrono
Salvatore Fiorentino (vice comandante Vigli urbani), Sac. Vincenzo Sammartano, Francesco Salvo, Comandante del Porto, Vescovo ospite, mons. Costantino Trapani, Alberto Rizzo Marino

Via mons, Audino - Verso il porto
Michele Mezzapelle (vice segretario comunale), Alberto Rizzo Marino, Lorenzetti (marasciallo CC), mons. Trapani, don Vito Rallo, vescovo ospite, Giuseppe Pernice, Perino (commissario P.S.), Comandante del Porto, Salvatore Fiorentino

Il vescovo mons. Costantino Trapani
La corona di alloro per le vittime del mare

Il motopesca che accolse il Santo Patrono quell'anno fu "LAntonello"

Angelo Cucchiara (vigile urbano)


Il pololo dei fedeli e dei curiosi per vedere l'imbarco della Sacra Statua


Mons. Trapani, altro vescovo, Giuseppe Pernice (sindaco), Perino (commissario di P.S.), don Vincenzo Sammartano

Perino, don Pietro Accardi, mons. Trapano, don Paolo Madonia, Giuseppe Pernice


Una preghiera (ritengo) lasciata ai flutti


Tutti allo sbarco

Agosto 1979 - Maratona Stramazara
Nell'ambito dei festeggiamenti fu organizzata una maratona. La telecronaca per la TV locale RTM, venne realizzata, con i potenti mezzi di allora da Gaspare Casuccio, allora sedicenne. Al volante del pulmino s'intravede Gianfranco Palermo (con tanto di punti applicati al mento per la caduta dalla sua mitica Vespa)

Anni Ottanta
Sen. Filippo Asaro, sig. Salvatore Cristaldi


Lu iocu di li pignati



Nella barca con i piedi penzoloni il sen. Filippo Asaro


Alcune immagini dei tanti Fistini

1997 - Molo Caito




2001
Lamia Vincenzo, Mons. Vito Rallo, Girolamo Pipitone, mons. Emanuele Catarinicchia, Sig.ra Grillo Vella, Nicolò Vella, on. Pino Pernice, sindaci di altre città il cui patorono è San Vito




Sindaco Nicolò Vella

Nicolino Modica (tira il carro), Renzo Chiofalo (scout)





2003 - Cine Teatro Rivoli - Premiazione collaboratori
Girolamo Pipitone, Matteo Calandrino, Orazio Barbanera