25 febbraio 2009

"De amicitia"

Considerazioni ad alta voce: Dall'amico mi aspetto che condivida l'immagine che ho di un me stesso o, perlomeno, che non se ne allontani troppo. Anche se la sua valutazione è positiva, non deve essere esagerata. Se è troppo favorevole, mi dà l'impressione di adulazione. Se è troppo negativa, se si allontana troppo da ciò che io penso di me stesso, allora non mi rende giustizia e, quindi, contrasta con un'esigenza base dell'amicizia. I due amici, cioè, devono avere delle immagini reciproche, simili. Non identiche, naturalmente, perché allora non ci sarebbe nulla da scoprire, ma senza eccessive dissonanze. Da un amico, perciò, io mi aspetto che non mi fraintenda. Tutti mi possono fraintendere, ma non un amico. Se un amico lo fa, il rapporto si deteriora e inesorabilmente cessa.

24 febbraio 2009

Galleria dei ricordi più cari

"Ci vuole un minuto per notare una persona speciale,
un'ora per apprezzarla,
un giorno per volerle bene,
ma poi tutta la vita per dimenticarla"

Questo esiguo spazio, per me nicchia preziosa, l'ho dedicato ad irripetibili ed intimi momenti personali. Ho deciso, in seguito, di condividerlo dato che, molte di queste immagini e delle notizie che ho riportato, riguardano il vissuto di "personaggi" che, a vario titolo, si sono distinti nella variegata comunità mazarese. Presumo e auspico che a Tizio o a Caio, occasionali visitatori del mio blog, faccia piacere rivederli, ricordarli o eventualmente conoscerli. Il mio post non ha sofisticate ambizioni ma si propone soltanto, di rispolverare la memoria con ricordi, frammenti, briciole, istanti, che il tempo inesorabilmente concorre a sbiadire e poi lentamente avvolge nella nebbia dell'oblio. E' bello ricordare ma, è più importante non dimenticare. Farebbe cosa gradita credo, non solo a me, se qualcuno di codesti internauti approfittasse dell'occasione per rilasciare un commento (in fondo alla pagina lo si può fare) o ci raccontasse un'esperienza vissuta, un episodio significativo, "qualcosa" sulla vita di questi amici.


Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero.
(Paulo Coelho)

Simone Bonanno
Nella mia personale galleria degli amici scomparsi, sin dalla sua creazione, è mancato un amico "speciale" che doveva essere (ed è!), in assoluto, il primo dei miei rimpianti. Ho avuto sempre un intimo travaglio e una grande inquietudine ad affrontare un argomento così delicato e così personale, e questo mi ha sempre trattenuto dal farlo, sino ad ora. Oggi, nella piena maturità fisica e mentale, presa consapevolezza del debito morale insoluto, mi sono deciso, ritenendo irragionevole aver creato uno spazio dedicato ai ricordi di persone care e non collocare tra di essi la persona che più di tutte merita il posto d'onore in questo sito. Non mi inoltro nelle sabbie mobili dell'analisi dei tragici eventi che ci hanno visti protagonisti perché lo ritengo inopportuno e troppo intimo. Esternare il nostro vissuto su una bacheca virtuale potrebbe essere rischioso e servirebbe solo a prestare il fianco a commenti e considerazioni (spesso) superficiali e gratuiti. Troppo esclusivo e delicato l'argomento!. Tengo per me la sofferenza interiore, che mi ha sempre accompagnato durante il lungo cammino della mia vita. Per il suo imperituro ricordo mi voglio affidare ad un breve pensiero che i compagni di scuola hanno voluto pubblicare sul Numero Uno, giornalino dei maturandi del Liceo nel 1964:

A Simone Bonanno

A te, Simone, che spiccando il volo verso l'Eterno, ci hai lasciato immersi nella dura vicenda terrena, vada da tutti noi, maturandi, tuoi amici e colleghi, un ricordo gravido d'affetto e di preghiera. La luce ispirata dal tuo caro volto noi porteremo sempre nelle nostre menti perché, ricorrendo a quella, durante le tappe del nostro cammino, possiamo ricordarci di te, della tua bontà di compagno, della tua diligenza di alunno.


20 febbraio 2009

Pasquale Bellarmino


Un caro amico, studente universitario, iscritto all'ateneo di Firenze. Da bambino venne colpito dalla poliomielite infantile che gli lasciò segni indelebili nel corpo e principalmente nell'anima. Dotato di una grande sensibilità, apparentemente gaudente e felice, non riuscì mai a superare i seri problemi psicologici, legati agli esiti invalidanti della malattia. Lottò ma non vinse la battaglia e alla fine si fece sopraffare dalle tentazioni del male del secolo (la tossicodipendenza), che miete molte vittime tra i giovani. Egli fu uno dei primi a cadere in questa guerra inesorabile. Il suo aspetto, essendo un convinto uomo di sinistra, era sicuramente ispirato da quello del Che. Lasciò un vuoto incolmabile in tutti noi che lo abbiamo conosciuto ed apprezzato.





19 febbraio 2009

Nicola Noce 1949-2011

Un'altra stella fulgente è caduta dal firmamento delle mie imperiture amicizie
L'ultima mia foto con Nicola

Se c’è un tema eterno, vibrante, sentito in tutte le epoche, a tutte le latitudini, in tutte le culture, un tema veramente universale, questo è di certo la morte. Ci hanno insegnato che essa è la normale conclusione della vita. E' vero, ed é ragionevole e sensato accettarla! Pertanto il trapasso dovrebbe essere un momento di “normale” dipartita, una necessità contenuta nel concetto stesso di evoluzione. Sarà! Ma è innegabile che più vado avanti negli anni e più grande è il dolore che avverto per la scomparsa d'una persona cara. Perché? Forse ad una certa età si comincia ad avvertire maggiormente che la meta è sempre più vicina e quindi il livello emotivo raggiunge vette mai toccate prima e la soglia di sopportazione si abbassa inevitabilmente. Angoscia, smarrimento, dolore indicibile e una percezione di vuoto incolmabile, sono le sensazioni che ha suscitato in me la scomparsa del caro Nicola. Appresa la triste notizia un tourbillon di ricordi, di momenti vissuti assieme sono transitati, in rapida sequenza, nella mia mente. Abitavamo nello stesso quartiere, al Transmazaro, a pochi metri di distanza. Compagni di giochi, di avventure, sin dall'infanzia, abbiamo condiviso anche il periodo universitario, mi raggiunse nella stessa pensione a Palermo (io avevo iniziato prima per motivi anagrafici), pur frequentando facoltà diverse. Dopo la laurea, come fatalmente avviene spesso, il lavoro ci ha diviso. Nicola è andato a vivere a Trapani, io sono rimasto, ma lui non ha mai reciso il cordone ombelicale che lo legava a Mazara, tanto che mi aveva confidato che, andando in pensione, avrebbe voluto acquistare un piccolo monolocale per poter venire, con maggiore frequenza, nella sua amata città. Nel periodo estivo, per diversi anni, ritornava con la famiglia per villeggiare in un bungalow a San Vito e per quei due mesi si faceva vita in comune. Mai uno screzio, mai un'incomprensione, il sorriso e la sua trasudante bontà erano le potenti e disarmanti armi che lui usava per rendersi epidermicamente simpatico a chi aveva la fortuna di conoscerlo. Quando, i suoi magnifici ragazzi Manuela, Francesco e Lorena sono cresciuti, avendo radicato le loro amicizie nel capoluogo, per accontentare le loro sopraggiunte esigenze, decise di non venire più stabilmente in estate. Così negli ultimi tempi ci s'incontrava più di rado. Di concerto con comuni amici, di tanto in tanto, si organizzavano serate canore con relative "cenette" e si trascorrevano momenti spensierati che si rivelavano un toccasana per tutti noi e che servivano a ricaricare le batterie per affrontare la monotonia della routine quotidiana. Aveva la passione per la musica, amava cantare, oltre che suonare, ed era stato una delle colonne portanti del complesso locale dei Dioscuri, band che per anni, calcò degnamente le scene provinciali. Indimenticabile la sua interpretrazione di Francesca, una canzone scritta da un'altro amico che ci ha lasciato, Michele Ajello, che fu incisa su disco e scalò le classifiche dell'Hit Parade nazionale. Pur brillando per la sua calda ed appassionata voce, lui tuttavia, scelse, come attività primaria, quella di biologo e la esercitava egregiamente presso il servizio di Analisi cliniche dell'Ospedale Sant'Antonio Abate di Trapani. Dire semplicemente che era una persona speciale è, oltremodo, riduttivo. Viveva in armonia col creato e irradiava una serenità serafica che trasmetteva e contagiava tutti quelli che gli stavano vicino. La sua disponibilità per il prossimo era proverbiale, non si tirava mai indietro quando c'era d'aiutare un amico. Non ricordo di averlo visto mai adirato fuori misura. Amava la moglie Gabriella e i figli più della sua vita. Solo negli ultimi tempi, quando ha percepito che la lotta contro l'avverso destino era impari, ha perduto la sua consueta serenità e con molta dignità ma, senza rassegnazione, ha ammainato la bandiera, subendo il triste verdetto che la vita impietosamente gli ha riservato.

Ultimi frammenti di vita assieme
Trapani, Pizzeria Calvino

...in attesa dell'arrivo...

... dell'ultima pizza, la regina della serata

17 febbraio 2009

Attilio Sicurella (1947 - 2011)

Scompare, assassinato in modo vile, una delle persone più miti e più buone che io abbia mai conosciuto. Una violenza bestiale compiuta da un energumeno che lascia allibiti. Una fine triste e assurda, indegna di un paese civile come il nostro. Attilio aveva ereditato dal padre e dallo zio una solida posizione economica e un cospicuo portafoglio assicurativo. Ha vissuto, buona parte della sua vita, dedicandosi anima e corpo a questo lavoro che svolgeva con amore, passione e grande professionalità. Le alterne vicissitudini che, talvolta, la vita c'impone, hanno proiettato l'attività dell'agenzia, condivisa nella gestione manageriale con il fratello Marcello, verso un misterioso e triste tramonto, sino all'epilogo di un disastroso fallimento. Da quel momento è iniziata la sua Odissea e il suo verticale declino pubblico. Negli ultimi anni, da subagente per diverse Compagnie, viveva di "briciole assicurative" che gli amici e i conoscenti gli concedevano. Sbarcava a malapena il lunario ed era ridotto l'ombra di se stesso, dimagrito, trasandato e intristito. Aveva perso la sua verve ironica e il suo dolce sorriso e quasi evitava lo sguardo di chi incontrava perché era parecchio imbarazzato per il suo attuale stato. Io voglio ricordarlo come quel ragazzo bravo e adorabile che ho conosciuto in gioventù, amante della satira (era anche un bravissimo disegnatore) e del divertimento, sempre pronto al dialogo, allegro e sorridente. Lascia sconsolata la moglie Rosa e i suoi due figli Peppe e Giulio (che ha erediato la sua capacità grafica). E' stato, anche, mio paziente per quasi quarant'anni e ogni volta che entrava nel mio studio era una esplosione di gioia, un felliniano amarcord. Nessun "errore" terreno può giustificare un atto così meschino e infame, compiuto, sicuramente, da un essere "umano" abietto e scellerato. Addio amico mio caro, sfortunato nella vita e nella morte, sono sicuro conoscendoti a fondo che, nella tua infinita bontà, se potessi, perdoneresti il tuo vile aggressore.

Non ho foto recenti. Qui, con il cappottino, è assieme a Vito Di Giorgi

16 febbraio 2009

Maria Leporelli

Nata a Partanna, aveva trovato l'amore a Mazara del Vallo. Un'impietoso incidente della strada l'ha strappata, giovanissima, agli affetti dei parenti e di chi la conosceva. Amava intensamente la vita. Semplice, genuina, dolcissima, cordiale, bella! Era un diapason umano entrava subito in sintonia con chi veniva a contatto con lei, calamitava immediatamente simpatia e interesse negli altri, che ne restavano irrimediabilmente affascinati. L'inesorabile tempo ci ha concesso poco per approfondire il nostro armonioso rapporto d'amicizia, ma è bastato questo breve e condiviso scorcio della sua esistenza a farla apprezzare come una creatura speciale che sarebbe stata, senza ombra di dubbio, un'amica per la vita. Resterà sempre nei nostri cuori. Di tanto in tanto quando il suo ricordo affiora alla stanca memoria, un tristezza immensa mi pervade l'anima al rimpianto di quella giovane vita interrotta e incompiuta. Ma il fato inesorabile ha deciso così! 



Sono tre immagini, che ho scattato, in una spensierata giornata nella villetta dai miei suoceri in contrada Bocca Arena e che conservo gelosamente.

15 febbraio 2009

Vito Macadino 1956-2012

Tragedia della follia stanotte (04 marzo 2012) a Brescia dove ben quattro persone sono state uccise. A commettere la strage è stato un camionista di 34 anni originario di Modugno, Mario Albanese, spinto dalla gelosia nei confronti dell’ex moglie, che è una delle vittime. La donna gli aveva dato tre figli, che hanno assistito alla strage. Le Vittime: si chiamava Francesca Alleruzzo, 45enne maestra in una scuola elementare di San Polo, un quartiere di Brescia, l’ex moglie di Mario Albanese freddata a colpi di pistola dal 34enne mentre si trovava in un’auto fuori dalla casa di via Raffaello. Insieme a lei un amico, Vito Macadino, 56 anni. A essere uccisi nella notte anche la figlia della donna, Chiara Matalone, e il suo fidanzato, Domenico Tortorici, entrambi 19enni, arrivati dalla Calabria e a Brescia solo di passaggio per trovare la madre di lei.

Pochi mesi fa Vito Macadino aveva detto a proposito della triste fine di...
E' indescrivibile la pena che provo e nello stesso tempo la rabbia. Attilio era una persona buona come poche che mai avrebbe fatto male a nessuno, un acidduzzu, come affettuosamente lo appellavamo. Mi piace ricordarlo con una Gitan fra le labbra. Spero che adesso amico mio tu possa scorrazzare dovunque tu ti trovi con la tua Suzuki azzurra. Addio amico di tante notti passate a misurare le strade di Mazara.


Mai avrebbe l'avrebbe potuto sfiorare l'idea di poter subire la medesima violenta e triste sorte del nostro comune amico e che così presto lo avrebbe raggiunto. Sono rimasto esterrefatto da questo ulteriore folle gesto, che ci priva di cari amici. Quanta angoscia mi assale al pensiero di tanta disumanità! Caro Vito eri una persona fondamentalmente buona, con tutti i limiti che l'umana condizione c'impone, sempre disponibile all'altrui conforto, forse corroborato dalle avversità del tuo vissuto. Addio mio sfortunato amico, hai dovuto remare sempre contro un destino avverso, contro il succedersi d'eventi che sembravano preordinati, al disopra della terrena capacità di volere e potere. Spero tu possa, adesso, trovare la pace e la serenità che meriti!

14 febbraio 2009

Vito Maria Ballatore

il più caro dei miei amici, scomparso prematuramente all'età di 40 anni (1955-1996)

Architetto stimato ed apprezzato, politico serio e di rara onestà. Innamorato entusiasta di sua moglie Vanda e dei suoi due figli (Rosario e Federica) ai quali ha lasciato un incommensurabile patrimonio di dignità civile e morale di cui essere fieri. Era amato ed osannato dai giovani di cui gradiva circondarsi e per i quali era un continuo punto di riferimento umano, politico e professionale. A scanso di fuorvianti equivoci, Vito era un comune mortale, con tutti i difetti grossi e piccoli che gli uomini hanno, però possedeva delle doti non comuni, universalmente riconosciute, che lo elevavano e lo rendevano speciale: una innata tolleranza che lo portava ad essere, quasi sempre, indulgente e disponibile verso il prossimo, e da ciò derivava la sua umanitas, ovvero, una concezione etica basata sull'ideale di un'umanità positiva, fiduciosa, sensibile ed attenta ai valori interpersonali e ai sentimenti, senza confini.
Per i suoi innumerevoli meriti la Curia mazarese, su proposta dell'Associazione Amici del Museo Diocesano di Mazara del Vallo, da me presieduta, ha intestato, con unanime consenso, a lui, il museo che, con altri amici, aveva gestito e di cui aveva curato professionalmente, anche, il restauro dei locali e la realizzazione espositiva. La sua incrollabile Fede non l'abbandonò mai durante la sua breve vita, nemmeno in quei strazianti ultimi giorni della sua esistenza, quando, un male terribile e impietoso, lo strappò inesorabilmente a tutti noi. Sopportò tutto con sovrumana rassegnazione e mantenne sino alla fine una esemplare dignità.
Ha lasciato un vuoto incolmabile nel mio cuore e in quello di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo. Non dimenticherò mai la sua dura-dolcezza che riusciva a smontare, sempre e comunque, la mia innata impulsività e la mia, a volte, eccessiva "determinazione". Con lui ho vissuto i migliori momenti della mia vita di relazione, sereni e limpidi, talvolta esaltanti, mai banali, rimasti scolpiti nella mia memoria, sensazioni che solo un'amicizia vera, disinteressata e vissuta intensamente, può concedere. Unico e profondo rammarico, la brevità di questo rapporto, concesso, da un destino impietoso. E' stato e rimarrà un esempio per tutti.
Foto ricordo della cerimonia d'Intitolazione del Museo
15 Giugno 1996, giorno dedicato al nostro patrono. Prima di recarci al vicino Museo per la cerimonia, mons. Emanuele Catarinicchia, vescovo pro tempore, ha voluto deporre una corona di fiori presso la statua di San Vito. La foto riprende autorità civili, religiose e militari presenti.




Terminato il momento religioso, ci stiamo recando al Museo...
... in via dell'Orologio dov'è ubicata una delle entrate laterali
Don Salvatore Cipri, il prof. Giovanni D'Alfio, sindaco pro tempore, mons. Emanuele Catarinicchia, e il sottoscritto nella qualità di presidente dell'emerita associazione "Amici del Museo Diocesano"

Il discorso commemorativo è stato tenuto dal dott. Mario Cajazzo past president dell'Associazione ed amico di Vito
Vanda Ciotta Ballatore, il dr M. Cajazzo, il sottoscritto, alle mie spalle Michele Norrito, Vito Anteri, il vigile cerimoniere Giovanni Modica, l'arch. Vicio De Pasquale, il alto il dr Vito Ballatore, cugino di Vito)

Desidero inserire, anche, la mia nomina a Direttore del Museo Diocesano, in quanto rappresenta una fonte documentale (non certo per altri motivi) di valenza storica



L'intitolazione avvenne, per decreto vescovile, il 2 aprile 1996. L'Associazione "Amici del Museo diocesano" dopo quattro anni di attività si sciolse. Da allora le cose per il Museo non sono più andate bene, non voglio per il rispetto dovuto all'argomento trattato innescare polemiche, però concedetemi, almeno, d'affermare che Mazara del Vallo è una città davvero sfortunata!

P.S.
Pur essendo molti ed interessati i visitatori (al di là d'ogni più rosea previsione), pochissimi rilasciano commenti. Nella speranza di stimolarvi in questa direzione, sulla scia dello spirito che mi ha animato in questa esternazione, e nel tentativo di farvi concorrere ad arricchire il bagaglio di notizie su di loro, pubblicherò, due lettere, una inviatami da sua ecc. za mons. Emanuele Catarinicchia alla mia richiesta d'intitolazione del Museo e l'altra di un occasionale visitatore del Museo.


Ill.mo sig. Presidente,
la immatura scomparsa dell'amico arch. Vito Ballatore, mentre ci ha profondamente addolorato, ha lasciato l'esempio luminoso di una vita trascorsa alla insegna dei più alti principi e valori umani e cristiani. La sua provata correttezza morale e la sua alta preparazione professionale posta a servizio della comunità ne costituiscono un esempio da ricordare e un modello da imitare.
Plaudo pertanto all'idea d'intitolare alla memoria dell'arch. Vito Ballatore il Museo Diocesano per la cui realizzazione il caro estinto ha profuso le sue nobili qualità di mente e di cuore.
Allo scopo mi premurerò di emettere relativo decreto. [omissis]
Mons. Emanuele Catarinicchia - Vescovo (26 marzo 1996)

Un'altra lettera mi fu inviata il 2 aprile, nella quale si decreta l'intitolazione.
Gravedonia 26 novembre 1996 

****
Genti.mo Presidente, anche s'è passato molto tempo da quanto conobbi l'arch. Vito Ballatore non avrei mai immaginato sentirmi dire a telefono che è deceduto. Non può immaginare l'imbarazzo che ho provato e l'amarezza per aver perduto l'amico che in terra di Sicilia mi accolse con tanta ospitalità accompagnandomi a visitare, con i miei colleghi ed alunni, la Sua città e il Museo Diocesano.Tra le tante particolarità custodisco nella mia memoria, durante la visita al Museo è la visione di quel secchiello lustrale di cui l'Architetto andava orgoglioso per l'unicità del pezzo, diceva lui, davanti al quale però promisi che, appena completato il lavoro di ricerca “L'emigrazione in Alto Lario e lo studio di oggetti sacri e paramenti liturgici” avrei inviato il “fratello”. Oggi nel ricordo dello stimato collega invio a Lei la scheda di tale promessa. [omissis]. Caro presidente come lei saprà forti sono i legami che l'Alto Lario, dove da trent'anni lavoro, e l'isola del Giglio, dove sono nato, hanno con la Sicilia. E se per i comaschi è storia di migrati per i gigliesi è storia di commerci marittimi di uva “ansonaca” e pesca di corallo. Questi sono argomenti ai quali Vito Ballatore era molto interessato e sono sicuro costituiranno per noi ulteriore legame e motivo di scambi culturali. E' proprio il caso di dire che sono bastati due secchielli d'acqua santa, oggetti nei quali si materializza la nostra cultura cristiana a far ritrovare le nostre storie ed unire alla radice persone dello stesso paese. Nel ricordo dell'arch. Ballatore ringrazio d'avermi letto e saluto cordialmente. 
prof. Giovanni Monti





31/01/2015 
In questo giorno l'on. Sergio Mattarella, grande amico di Vito Ballatore, viene eletto Presidente della Repubblica Italiana. Onorato di averlo conosciuto e orgoglioso di averlo come Presidente, voglio lasciare una traccia di questo evento

Sono riuscito a trovare alcune foto di Vito. Riguardano la sua infanzia, per me sono particolarmente care e ne voglio fare omaggio anche a voi miei affezionati visitatori.
Una festa di complenno in famiglia


Franco Casuccio, Giacomo D'Annibale, Vito Ballatore, Antonino D'Annibale, Gaspare Casuccio


Vito Ballatore, Gaspare Casuccio, Mariuccia Ballatore


Gaspare Casuccio, Salvatore Licari, Salvatore Casuccio, Vito Ballatore, Peppe Pecoraro

13 febbraio 2009

Li scapuzzaturi

1958. Questa è un'immagine irripetibile della travagliata storia della nostra marineria.
Il commercio del gambero, era in progressiva espansione ed esigeva che per la sua commercializzazione che i crostacei fossero decapitati. A quel tempo non esistevano macchine industriali atte allo scopo, pertanto questo umile e faticoso compito veniva affidato a manodopera povera e a manovalanza in difficoltà a reperire un migliore lavoro. Inizialmente vennero impiegati i ragazzini, allora non esisteva il problema dello sfruttamento giovanile, anzi gli adolescenti dovevano concorrere al sostentamento della famiglia in difficoltà. I nostri sciuscià, qui immortalati venivano definiti "li scapuzzatura" (coloro che dovevano staccare la testa al gambero). Venivano retribuiti in base al numero di cassette che riuscivano a riempire. I più allenati e i più veloci erano avvantaggiati, i neofiti, invece, pagavano lo scotto dell'inesperienza e guadagnavano pochissimo. Questa attività andò avanti per molti anni. In tempi più recenti i mazaresi vennero sostituiti da manodopera importata extracomunitaria e poi dalla nascente robotica. 

Conosco la maggiorparte di quei volti, per essere un loro coetaneo, purtroppo non ne conosco i cognomi, ricordo: Aldo Nicolosi, Giulio Tumbiolo, Cola, Cannavò

Nico Tirone 1944/2012

Non voglio disquisire su Nico artista, lascio l'incombenza ad altri più preparati e sicuramente più competenti di me, voglio invece ricordare l'amico. Una persona cara che ho conosciuto subito dopo il suo arrivo nella nostra città. Sincero, disponibile, allegro, dotato di una sensibiltà non comune, siamo subito entrati in sintonia. E' stato collega di Angela, mia moglie, alle Scuola Media G.Grassa. Ci siamo frequentati per un lungo periodo della nostra giovinezza, la sua casa era il ritrovo per tanti amici perché lui, col suo carattere aperto e gioviale, riusciva a calamitare attorno a se, chi entrava nella sua orbita. Abbiamo condiviso un periodo indimenticabile, spensierato, vissuto con intensità, in modo appassionato e autentico. Quanti ricordi mi assalgono, quanti momenti felici e sereni travolgono la mia memoria. Quante iniziative ludiche abbiamo realizzato! Sono rimaste scolpite nella mia mente e rimangono, una parte del mio vissuto da incorniciare. A causa delle solite inevitabili e fuorvianti vicissitudini umane, ci siamo a poco a poco allontanati, non perché avessimo avuto dissapori o incomprensioni, ma perché la vita ci trascina, purtroppo, con i suoi vortici altalenanti, in situazioni familiari che, senza intenzionalità, piano piano ci isolano, anche dalle persone con cui ti trovi bene. Il tempo che passa compie il resto. Vivendo nella stessa città, ci si vedeva di tanto in tanto, ma ogni volta il nostro era gioioso amarcord, intenso e rilassante, mai banale. Ci scambiavano le ultime, sulla famiglia e sulla nostra vita professionale e ci salutavamo, con cordialità e soprattutto con sincero affetto, come se non ci fossimo mai allontanati. Ci lascia sgomenti la perdita di una persona di una educazione fuori dal comune, un uomo che pur nei momenti di “gloria” non si era mai montato la testa, che aveva mantenuto con tutti il suo meraviglioso modo umano di rapportarsi. Raramente ho visto un amore per la famiglia e in particolare per i nipotini, così intensamente vissuto e partecipato. Addio amico mio caro, con la tua prematura scomparsa si stacca un altro pezzetto del mosaico della mia vita! 


https://youtu.be/UxZsYhfj8kY

Trsmissione televisiva
Daniela Asaro (presentatrice), Enzo Marino (organizzatore), Nico (conduttore), regia di Maurizio Bono

Un buon marito, un ottimo padre ... ma soprattutto
... un grande nonno

Francesco Boscarino

L'unico vero artista, della nobile arte fotografica, che questa città abbia avuto. Era più grande di me, ma la differenza di anni non l'ho mai notata, grazie al suo spirito giovanile che annullava tutte le distanze. E' stato il grande artefice d'una infinita serie di immagini che hanno fatto la storia documentale della nostra comunità. Mi sono battuto come un leone per fare intestare a lui una Fototeca comunale, dove poter conservare l'inestimabile patrimonio della sua collezione fotografica, ma i politici sono stati insensibili e il suo lavoro è stato perduto irrimediabilmente, anche per la negligenza dei suoi irriconoscenti eredi. Ho vissuto con lui, rapporti quasi quotidiani, perché non c'era giorno che non passassi a trovarlo nel suo atelier fotografico e condividessi con lui momenti indimenticabili. 

Io e Ciccio, negli anni '70
Ci trovavamo ogni domenica allo stadio "Nino Vaccara", io come medico sociale dll'U.S.Mazara e lui come fotografo-tifoso con la grande passione dello Sport e del Calcio in particolare. Ogni lunedì pomeriggio c'era la corsa a guardare le varie vetrine del suo negozio, sito nel centralissimo corso Umberto I, per scrutare la miriade di foto da lui scattate sull'evento, che facevano rivivere per immagini i momenti più salienti dell'incontro calcistico. Quelle certosine ricostruzioni, distribuite in ordine successivo, sotto la sua competente regia, formavano un documentario, ed erano, per tutti, come una moderna "moviola" che consentiva di partecipare, anche, a chi non aveva potuto assistere all'incontro. Davanti a quello excursus fotografico, gli appassionati, si soffermavano parecchio a vedere e rivedere i dettagli che magari erano sfuggiti durante la gara e lì davanti, si consumavano grandi diatribe tra i vari tifosi sui singoli episodi, sulle scelte tecniche, sugli errori dei singoli contendenti. Era un vero "Processo del lunedì"e il viavai verso quelle vetrine, con intensità decrescente durava sino al venerdì, giorno in cui, quasi sempre, Ciccio le toglieva per fare spazio ad altre immagini, magari dell'ultimo matrimonio. (Ricordo, per amor di cronaca che, allora, i mezzi telematici e televisivi non erano quelli di oggi e il calcio minore non usufruiva di grandi attenzioni giornalistiche). La foto che segue è un documento con duplice valenza (dimostra un'altra sua passione). Ciccio era, infatti, un grande appassionato di motociclismo ed era stato pure presidente del Moto Club "Varzi". Nando Villani, comune amico, era anche lui un grande centauro e suo compagno di tante avventure, e tutti amavamo il Calcio cittadino. 

Io Ciccio e Nando Villani in una trattoria di Canicattì
Eravamo andati a vedere una partita tra il Mazara e l'eterno rivale il Canicattì (che per anni lottò contro la squadra canarina per contenderle il primato). 

Io, Ciccio e la mia dolce metà, Angela
1976: Inaugurazione di una mostra nel "Cenacolo di Cultura ed Arte", sito in corso Umberto I, intitolato a Giuseppe Boscarino. Per anni fu (purtroppo non esiste più) un luogo dove si riunivano gli intellettuali mazaresi, che Ciccio metteva a disposizione, a titolo gratuito, agli artisti per qualsiasi tipo di manifestazione culturale. 

Cenacolo di Cultura - I miei amici più "grandi"
Angela Manciaracina, Pino Catalano, Ciccio Boscarino, Gianni Di Stefano, Alberto Rizzo Marino
Se gradite ulteriori notizie sul Cenacolo cliccate qui

1968 - Corso Umberto I- Studio fotografico Francesco Boscarino


Ciccio Boscarino, Ciccio Safina (commercialista ed ex sindaco), Alberto Rizzo Marino (storico cittadino, anche lui ex sindaco)

12 febbraio 2009

Giuseppe Cafiero

Un altro amico caro, che molti di voi avranno, forse, conosciuto, in quanto per anni ha ricoperto il ruolo di cassiere presso la locale Banca Sicula. Anche lui, a modo suo, un personaggio. Questa istantanea l'ho scattata in una delle sue presenze nel mio studio. Per le altri dettagli, se volete, vi invito a cliccare sul questo link

11 febbraio 2009

Giovanni Venezia

Oggi è un giorno triste per me e per tanti amici. Giovanni Venezia, ci ha lasciato. Una persona a me cara, uno spirito liberal, come lui amava definirsi, lasciando aperto con questa definizione lo spiraglio ad una ampia interpretazione del suo socialismo liberale e della sua personalissima visione della politica. Verace, sincero, moralmente integro, ha dedicato il suo vissuto "giornalistico", con la intensa passione che lo contraddistingueva. Sempre alla ricerca di un modello ideale di democrazia che invano sperava potesse realizzarsi, ma rimaneva sempre deluso dalla realtà socio-politica che si appalesava quotidianamente. 
Quanti dialoghi abbiamo avuto su questo argomento! Ma alla fine l'amarezza ci costringeva a voltare pagina, il che ci conduceva, inevitabilmente, a dissertare sulla nostra Mazara.
Prima che un impietoso male lo costringesse all'inattività, ci sentivamo, spessissimo, per via telefonica o su internet, dato che lui viveva a Venarìa, e aveva sempre una fame insaziabile di notizie della sua città d'origine, che non aveva mai dimenticato.
Si dannava e non riusciva a comprendere come mai si fosse ridotta nello stato in cui versa, ancor,  oggi. Aveva lasciato la sua amata terra, per motivi di lavoro (impiegato delle Poste Italiane), e si era trasferito a Torino, dove aveva continuato a coltivare la sua grande passione per il giornalismo.
Aveva ricevuto per la sua laboriosa attività prestigiosi riconoscimenti, tra cui il premio nazionale "Mario Soldati" 2004, per la sezione Giornalismo e Critica, organizzato dal Centro Studi Mario Pannunzio (di cui era socio) con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Il Mario Soldati è un prestigioso riconoscimento che ogni anno premia varie personalità del mondo della cultura che si sono maggiormente distinte per il loro spirito libero, e che è stato assegnato, fra gli altri, a personaggi del calibro di Piero Angela, Paolo Mieli, Indro Montanelli, Sergio Romano e Barbara Spinelli.
Il suo "ilpungolo.com" era diventato un serio punto di riferimento per gli spiriti liberali. La filosofia che lo pervadeva sta tutta nelle parole di uno stralcio di un suo editoriale: “... abbiamo scelto di pubblicare articoli di critica, di fare cultura e dare la giusta informazione; strali non sono mancati nei confronti delle continue deviazioni del costume italiano, delle meschinerie, delle viltà che nascondono false immagini di lusso e guadagno. Alla corruzione dilagante. Non vogliamo, certo, fare il mondo-utopia, ingannevole - ma essere voce ferma perché il semplice cittadino sia soggetto riconosciuto con la sua dignità, di libertà, di amore e di altruismo, sia, in definitiva soggetto al centro di una società rinnovata. Questo sì. E’ nostro obiettivo. Vorremmo essere profeti e riuscire a tanto. E vorremmo anche che quanti profeti si professano debbano fare un profondo esame di coscienza per far sì che lungo la strada che percorrono – la strada di tutti - non venga lasciato letàme, e sporcizia perché è li che viviamo tutti con una parte del cuore che contiene il senso di una società pulita. Idealisti inutili ? No. Alcuni in modo insensato hanno tentato di ghettizzarci ed etichettarci. Si sono ritirati nella loro stalla. Hanno capito che il pungolo.com non è da bollare. Si sono ricreduti.
Il nostro progetto continua e non vuole stare sulle nuvole. Abbiamo bisogno del vostro aiuto, del vostro consenso ulteriore, del sostegno di spiriti che amano la libertà senza condizionamenti, del suggerimento di esperti e dei consigli di saggi sinceri ilpungolo.com vuole essere “all’altezza della vera coscienza italiana” Potrà esserlo solo con il vostro aiuto concreto. E la certezza del nostro cammino è tale se lo volete voi. Siete, voi lettori, la garanzia della nostra continuità.

Era riuscito a conquistare una vastissima platea di lettori, e quando ci sentivamo, dopo i convenevoli, il suo primo argomento era farmi i complimenti per il mio piccolo blog MazaraCult, e subito dopo, esclamava: a proposito lo sai che oggi ho raggiunto 10.000 contati!
Un amico sincero, non ci vedevamo da svariati anni, ma era come se non ci fossimo mai allontanati. Lascia un vuoto incolmabile nel cuore dei suoi familiari e degli amici. Una persona che occupa un posto particolare nella galleria dei miei ricordi più cari.

In questa foto che recentemente mi aveva inviato, si notano: Giovanni Venezia, Nicola Vella, Pino Inzerillo, Pietro Consagra, Elena Lombardo Barbera e Irene Marusso, nella veste di cronisti, alla cerimonia di presentazione della fontana di Piazza Mokarta, opera donata dal maestro alla sua città.

1964 - Elezione di Miss Stampa, al Crystal - Miss Margherita Barbera
Gianni Di Stefano (Direttore della Rivista "Trapani") ?, Gino Ingrande (batterista dell'orchestra Brazil)


Elena Lombardo Barbera, Pietro Napoli, Gianni Di Stefano, Margherita Barbera, Giovanni Venezia
e dietro a sin si notano Rolando Certa, Leda Certa

Gianni Di Steafano (direttore della Rivista "Trapani") e Margherita Barbera

Giovanni Venezia, Margherita Barbera, ten. dei carabinieri Murtas, Mariella Billardello, Ignazio Sferlazzo, le sorelle Susanna e Maria Cuttone

Disma Tumminello, Giuseppe Ballatore, Gaspare Pugliese, Francesco Boscarino, Mary Di Stefano, ten. CC. Murtas, Elena Lombardo Barbera, ?, Gianni Di Stefano, Margherita (Mimma) Barbera

Carlo Adamo (1958/2012)

Chiunque si accomiati da questo strano mondo lascia inevitabilmente un vuoto incolmabile tra gli amici e tra i propri cari. Ma ci sono persone che vanno oltre e che creano, dietro di se, una voragine. Carlo è stato uno di loro. Egli oltre ad essere una persona garbata, un professionista serio e preparato, universalmente rispettato dai suoi colleghi (cosa non facile), un personaggio di spicco di questa nostra piccola comunità, è stato una guida insostituibile per i suoi familiari ed in particolare per i suoi fratelli. Dopo la morte dei genitori era diventato l'ancora a cui tutti si aggrappavano sia per motivi professionali ma soprattutto per le inevitabili difficoltà umane che la vita propone, non tutti, infatti, sono in grado di affrontare pienamente e sino in fondo le mortali traversie. Lui era una vera guida spirituale cui rivolgersi per tutto ciò che di problematico il quotidiano proponeva, un vero pater familias. Ha lasciato quindi un vuoto che va oltre la umana perdita. Il mio rapporto con lui era di stima reciproca sia sul piano umano sia sul piano professionale. Ho avuto l'onore di essere stato il medico di famiglia prima dei suoi genitori, persone di una educazione fuori dal comune, da cui lui ha ereditato il proprio modo d'essere, e poi medico della sua famiglia e dei suoi fratelli. Per cui il legame che ci univa era remoto, intenso e profondo. Essendo due peperini, due personalità forti ogni tanto scoppiava tra noi qualche scintilla sul modo di vedere un problema, ma da persone mature si trovava subito una sana e producente mediazione. Il rispetto e la stima reciproca superava qualsiasi screzio veniale, e alla fine ci si fidava appieno l'uno dell'altro. L'immatura scomparsa poi amplifica ulteriormente il dolore di tutti per la sua dipartita. Ha lottato contro il terribile male con tutte le sue energie. Non ha mai lasciato niente d'intentato per sconfiggere il crudele nemico. Ha accettato perfino di sottoporsi a terapie sperimentali e pericolose, rischiando con coraggio su dei percorsi difficili ed esplorativi, affrontando tutta la sequela di terribili e inevitabili effetti collaterali pur di non arrendersi. Ma la lotta era impari, il nemico era molto più potente e alla fine ha dovuto soccombere, anche se con l'onore delle armi. Di lui mi rimane anche questo ulteriore attestato in suo favore di uomo vero e di condottiero indomabile, cui va tutta la nostra umana solidarietà. Lascia un inestimabile patrimonio di dignità alla moglie, ai figli e ai fratelli di cui possono andare fieri e un rimpianto infinito negli amici. Addio amico mio, rimarrai sempre nel mio cuore.

Una foto dei giorni sereni

Galleria di personaggi

Lu zu Ninu "ciucia chi vola
(al secolo Antonino Asaro, sposato con Caterina Barracco)
"Come al solito camminava a piedi nudi. aveva la sua solita fascia nera attorno alla pancia che gli faceva da cintura e da supporto a un lungo coltello che ci teneva infilato dentro. Non aveva, purtroppo il cesto con i ricci e il secchio con l'Ogghiu a mari (attinie meduse deliziose se mangiate fritte a pastetta). Lo avvicinai e gli chiesi se potevo fargli una foto, Mi guardò con qualche dubbio e mi rispose: " Vossia mi piaci; però mav'aspittari n'anticchia chi mi va 'canciu" (Lei mi piace ma dovrà attendermi qualche minuto che vado a cambiarmi). Gli spiegai che era così come si trovava che mi sarebbe piaciuto fotografarlo, perchè lui era bello così. Mi guardo con sospetto ma poi forse lusingato mi pose le sue condizioni: "Non dovevo far vedere i piedi nudi". In un primo tempo rimasi deluso ma poi decisi che quella sorta di pudore che lu Zu Ninu non mostrava durante la sua normale giornata in giro per le strade di Mazara ma che sentiva necessaria in una foto destinata all'osservazione degli estranei era un sentimento che andava rispettato." Il suo soprannome, a dire del nipote Pino Falco, era dovuto al fatto che era molto agile nel camminare e nel saltare gli ostacoli (e anche quando tirava di coltello, come si usava a quei tempi) scritto da Gaspare Paladino

1938 - Piazza Regina
Giovannino Tumbiolo
(vestito di nero, per la morte di un figlio, portò il segno di lutto per tutta la sua esistenza)

Porto canale anni trenta
Angolo dove si scaricavano le merci e lo zibibbo di Pantelleria


Forse Spaccasi (odierna Sfax in Tunisia)
Stefano Fiorino (al centro il più alto) immediatamente a sinistra Leonardo Licari. I due furono amici e soci per quasi tutta la loro vita. Stefano era trapanese, Leonardo mazarese. Stefano sposò Angela Asaro, la sorella di Leonardo, e Leonardo sposò Maria Fiorino, sorella di Stefano


Anni Cinquanta
1956 - Commercio di Uva Zibibbo
Da Pantelleria arrivava per lo smistamento in tutt'Italia, con i nostri motopesca, la meravigliosa uva Zibibbo. Marcello Fedele, Vitino Favara, Quinci


Non conosco queste persone

Riconosco le aragoste

La sarcitura





Vincenzo Mulone mentre ripara le reti della sua barca "Nuova Miss Giovanna"

Lu ragionieri

Nella marineria mazarese degli anni cinquanta e giù di lì, esisteva una controversa figura professionale: lu ragionieri. Si trattava di una persona (quasi mai diplomata in Ragioneria, speeso col diploma elementare) di fiducia dell'armatore i cui compiti erano quelli di appuntare in un quaderno, all'arrivo dalla pesca, le cassette di pescato di un natante, suddividendole per categorie e stilare una lista sulla quale poi accadeva di tutto. Il resoconto lo consegnava all'armatore (all'epoca spesso analfabeta) il quale forniva ai suoi dipendenti i marinai la versione riveduta e corretta dalla quale si doveva, tolte le spese e il suo introito di diritto, fare la suddivisione delle quote restanti (la parti) tra l'equipaggio. La divisione avveniva in parti diseguali: la parte del leone (dopo l'armatore) la faceva il capitano, poi il motorista quindi l nostromo e infine gli altri componenti la forza lavoro. Spesso il capitano prendeva un extra dall'armatore (di nascosto) perchè un bravo capitano era conteso sulla piazza e per rimanere in quella ditta alzava il prezzo. Altro compito di lu ragionieri era intrattenere rapporti con i commercianti e con le banche. Durò in auge, sino a quando a causa delle varie riforme tributarie, divenne indispensabile la figura del Commercialista.

La spartitina (La divisione delle quote (li parti)
In primo piano il capitano Alfonso Gancitano (nasicchiu),  seduto al centro della tavola il commerciante di pesci Delfino e poi gli altri componenti dell'equipaggio, Bellarmino