07 luglio 2017

Piazza Regina

"Una piazza dall'odore di mare" di Enzo Gancitano
C’è una piazza nell’urbe dove si riunisce la gente dalle rughe precoci, dove gli uomini, dall’odore della salsedine incrostata nell’anima, muovono come automi senza parole gli arti gravi e faticosi. C’è una piazza nell’urbe dove il rauco grido dei gabbiani persiste dall’origine delle acque saline. Piazza dei Pescatori. Indubbiamente. Nulla di più vero. Era, questa, infatti, la precedente denominazione dell’attuale Piazza Regina. Il toponimo vigente richiama la regina Giovanna che ha signoreggiato sulla città dal 1479 al 1518. La giunta comunale, in data 30 novembre 1967, per rendere più esplicativa la targa viaria, determinava di rettificarla in “Piazza Regina Giovanna. Signora di Mazara. Secolo XVI”. Ma tale delibera non è stata ancora concretizzata. Ogni città ha i suoi tempi! Nel periodo della città murata, in corrispondenza della piazza, era esistente la Porta del Fiume, anticamente denominata Porta del Duca, da Ferdinando Duca di Calabria, signore di Mazara, figlio di re Alfonso. Nei pressi esisteva, in tempi più antichi ed imprecisabili, una Porta Salaria attraverso la quale veniva immesso in città il sale prodotto sulla spiaggia di ponente. Esistevano, infatti, due contrade; Salinella nei pressi di Capo Fedo, ove esisteva la salina, e Marinella, il piccolo golfo di Tonnarella ad un Km circa dalla foce del fiume. Questa piazza è stata da diversi secoli il punto di lavoro, di riunione, di svago riservato, di passeggiate silenti della gente di mare. Luogo di ritrovo abituale ed inconsapevole, esigenza vitale e quotidiana di recepire il roco clamore degli alcioni sul Mazaro e l’effluvio acre del mare le cui acque riportano sulla pietra sacra dell’obliato Santo le lacrime, le implorazioni strazianti dei naufraghi, il sudore amaro ed urente delle battute di pesca. Fino ad alcuni decenni fa esisteva in questa piazza, in corrispondenza del punto benzina, un rialzo, denominato dal volgo supra lu chianu, dove si teneva fino alla seconda guerra mondiale il mercato di frutta e verdura. Da alcuni decenni è venuta meno la peculiare abitudine dei pescatori di portare la birritta, nella quale solevano tenere i soldi e non nella tasca dei pantaloni. In quegli anni, intorno al 1940-50, vigeva un detto popolare: “Megghiu la birritta di lu marinaru chi li scarpi di lu viddranu”. La vecchia contrapposizione pescatore-contadino che si traduceva nella preferenza del berretto pieno di soldi del pescatore alle scarpe zeppe di terra e di fango del contadino, ormai è dismessa e, forse, anche obliata. Un’altra tradizione dei pescatori, in auge nei primi decenni del Novecento, era l’utilizzazione di un fascia di tela rossa al posto della cintura dei pantaloni. Se questa consuetudine non era (?) dettata dall’indigenza, certamente era imposta dalla povertà il camminare senza scarpe, a piedi nudi. Presso la Porta del Fiume si trovava la colonia dei commercianti Amalfitani che aveva edificato la Chiesa di S. Andrea, patrono di Amalfi e protettore dei pescatori, demolita nel 1711. Ma i pescatori mazaresi da sempre hanno affidato la loro vita e la richiesta di protezione al Santo concittadino. Ogni mattina, ancor prima dell’alba, prima dell’uscita dal porto con le fragili barchette dalle bianche vele per un lavoro sempre periglioso e dall’incerto ritorno, ascoltavano la messa nella chiesetta di S. Nicolò Regale. Le funzioni religiose erano assicurate grazie all’opera caritatevole degli uomini di mare e si protrassero fino al 1911, quando con la morte del sacerdote A. Castelli la chiesetta fu chiusa al culto. Ma i pescatori non abbandonarono la loro devota tradizione della messa mattutina, recandosi nella Chiesa di Santa Teresa, meglio conosciuta come Chiesa di San Vito in Urbe. Adesso i pescatori avvertono in questa piazza, come unico loro compagno, il rauco grido dei gabbiani, volteggianti sul fiume spiritato dalle acque stanche e grigie.

Anni Cinquanta
Piazza Regina e via Molo Giuseppe Caito (50/51)
Bitumatura della piazza e della via. Si riconoscono Girolamo Romagnosi (con la mano abbraccia il mezzo) e alle spalle il figlio Bartolomeo.

Piazza Regina - Bar
Patti, Giacomino Giubilato, Salvatore Prestia, Enzo Crimaldi (cameriere trapanese), Nicola Giacalone (tavulinu)


Pino Norrito (Vicaria), Michele Buscemi, Vito Pomilia, Rosario Mavilla (app.to di Marina), ?, Ciccio Pomilia, Giovan Battista Quinci

1951 - Ristorante "Transatlantico" Napoli
Imprenditori Mazaresi incontrano commercianti Napoletani per la commercializzazione del pesce
Francesco Manno (NA), G.B. Quinci (battisteddra), Gaspare Tumbiolo, Leonardo Tumbiolo


Francesco Manno, Ciccillo Manca,con i fratelli Quinci (Giovan Battista e Ciccio) e Peppino Lisma

Gruppo armatori e commercianti
Ciccillo Manno (commerciante di prodotti Ittici, napoletano), Giovan Battista Quinci (Battistedda) e signora Quinci , Francesco Asaro (Caccavecchia), Francesco Quinci e consorte, Giovan Battista Quinci junior
1954
Andrea Pietrobono, Luciano Pietrobono, Marcello Fedele, Vitino Favara, Ciccio Tumbiolo

1955 - Napoli - viaggio di nozze e tappa di lavoro
Giacalone, Giacalone, Ciccillo Manno (commerciante di pesce), Maria Sammartano, Alberto Tumbiolo



Giovan Battista Quinci (battistedda) con un gruppo di commercianti

Gaspare Lupo (medico)

Italiano Leone, Ciccio Asaro (caccavecchia), Giacomo Asaro (sirratu), ?, Giovan Battista Quinci, Paolo Lisma, Peppino Lisma, Marco Lisma

1957 - Molo Giuseppe Caito
Maria Sammartano Tumbiolo - (Notasi Cassa Marittima in costruzione)


Inaugurazione Associazione Motoristi (1956?)
Don Perniciaro, Mons. Gioacchino Di Leo, don Paolo Milazzo
Francesco Marrone, Pino Lisma, Nicola Ingargiola, Alberto Tumbiolo (riavulu), Pino Aiello (maidda), Nino Ingargiola (facciazza), Giuseppe Tilone (Pippinu muluni), Pietro Marrone (faccia di brunzu), Matteo Cracchiolo (tabacchinu), Pino Bucca, Pino Asaro (Sancimuni), Ignazio Oretano (gnazieddu l'elettricista), Aiello, Angelo Cucchiara, Bono

Anni sessanta

C'è un cane che è passato alla Storia della Marina mazarese, si chiamava Grande Black, ed era di proprietà della famiglia Giacalone (Tavulino). A quel cane come si suol dire mancava solo la parola. Era uno spettacolo vederlo durante le sue esibizioni nel Porto Canale di cui era diventato l'assoluto padrone. Scorazzava su e giù per tutto il Mazzaro e non c'era mazarese dell'epoca, che frequentasse il porto, che non lo conoscesse. Di lui si raccontano, ancora oggi, le sue gesta. Sarebbe bello che qualcuno ci ricordasse qualche episodio vissuto da questo fantastico animale.

Anni '60 - Piazza Regina (davanti al rifornimento di Carburanti di Cipolla)


Grande Black con il proprietario Nicola Giacalone e Alberto Castelli

Canieri Navali Giacalone - Varo un un motopesca
Don Giuseppe Varvaro, comandante del Porto, Ignazio Giacalone, mons. Giuseppe Mancuso, Pino Ferro
Anni Settanta 
Armatori: Ingargiola Giuseppe, Mimì Misuraca, Filippo Giacalone (cazzuni), Gaspare Asaro

Anni Novanta
Associazione Motoristi
Francesco Randazzo, Jaco (Milano), Nicola Giacalone (tavulinu), Damiano Buffa, Giacomo Ingargiola, Ciccio Sibilio, Nino Mauro, ?, ?,

Piazza Regina Sede dell'Associazione


Domenico Marrone, Giuseppe Aiello (maidda), Ignazio Mulone, Ciccio Sibilio, Giuseppe Grassa, Stefano Asaro, Giacomo Ingargiola, Enzo Meo, Pietro Marrone (facci di brunzu)

16 giugno 2017

Giovanni Tumbiolo

19/3/1958 - 15/6/2018
Eclettico, gentile, disponibile, prestato alla politica, imprenditore, fine diplomatico e per meriti ottenuti sul campo presidente del Distretto della Pesca di Mazara del Vallo. Laureato a Palermo in economia e commercio con il massimo dei voti discutendo una tesi in diritto internazionale del mare sul tema "Disciplina giuridica della pesca marittima e contenzioso italo-tunisino".  Iscritto all'albo dei dottori commercialisti, ha conseguito un master in Economia Gestionale promosso da Confindustria e Università Bocconi. E' stato ricercatore presso l'Istituto di Diritto del Lavoro e della Navigazione dell'Università di Palermo (diretto dal prof. Camarda) in materia di Diritto Internazionale del Mare. Ha esercitato la professione di dottore Commercialista e di revisore dei Conti. Esperto in materia di relazioni internazionali. Ancora giovanissimo svolge attività sindacali in Confindustria dov'è membro della Commissione Affari Esteri dei Giovani Industriali con Delega ai rapporti con i Paesi del Mediterraneo.
Assessore allo sviluppo economico alla Provincia Regionale di Trapani. Assume la Presidenza Regionale e poi la vice presidenza nazionale dell’Associazione Italiana Cooperative della Pesca.
Segretario della Consulta per la Difesa del Mare dagli inquinamenti. E’ stato fondatore del Consorzio Siciliano per la Valorizzazione del Pescato e del Distretto Produttivo della Pesca. E’ stato  Coordinatore dei Distretti agroalimentari. E’ stato ideatore e promotore del “Forum del Mediterraneo”, del “Foro per l’Africa”. 
Nominato dai Governatori dei Distretti italiani del Rotary International presidente del “Comitato interpaese” Italia-Tunisia.
È stato fortemente impegnato nella costruzione del processo di cooperazione, di dialogo e di Pace fra i Popoli. Essendo esperto in materia di relazioni internazionali è stato Consulente per gli affari marittimi ed internazionali di vari Ministri ed Assessori regionali e di società internazionali.
Essendo uno dei maggiori esperti del settore pesca ha guidato, anche, come capo delegazione, missioni commerciali e scientifiche inerenti la pesca, l’acquacoltura e l’agroalimentare in Egitto, Libia, Tunisia, Giordania, Libano, Algeria. Figlio di uno dei più importanti commercianti ittici, ha dedicato la maggior parte della sua vita a lavorare per la difesa e la tutela della nostra marineria. Ideatore della "Blue economy", aveva cominciato ad intessere una serie di relazioni con i Paesi del Mediterraneo e dell'Africa e del Medio-Oriente per promuovere la pesca oltre i confini nazionali.
Ha creato Blue Sea Land, manifestazione e fiera che si tiene ogni anno  in città, a Settembre.
Blue Sea Land-Expo internazionale dei Distretti Agroalimentari del Mediterraneo, Africa sub-sahariana e Medioriente promosso dal Distretto della Pesca e Crescita Blu in collaborazione con la Regione Siciliana, col patrocinio di Ministero degli Esteri, Ministero delle Politiche Agro-alimentari e Forestali, Ministero dello Sviluppo Economico.


Durante il Blue Sea Land-Expo del 2014


Il Presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu, Giovanni Tumbiolo, è stato invitato a relazionare nel workshop, organizzato nell’ambito dell’expo internazionale Ecomondo in corso di svolgimento in questi giorni a Rimini, dedicato al tema “Bioeconomia nell’area mediterranea”.
Tumbiolo ha illustrato il modello della blue economy ed i correlati progetti sviluppati in questi anni dal Distretto siciliano che si basano sulla responsabilità individuale e collettiva nei confronti
delle risorse sia marine che terrestri, la salvaguardia, la rigenerazione e la conservazione delle risorse. La proposta che maggiormente ha suscitato interesse fra gli interlocutori provenienti da numerosi Paesi del Mediterraneo, è quella che il Cluster siciliano propugna da anni: la creazione della “Blue Economic Zone”. Un’area di cooperazione, competizione creativa e di dialogo fra Cluster marini e costieri, basata sul modello della blue economy, destinata a generare sviluppo economico e sociale con la creazione di migliaia di posti di lavoro nelle Regioni nel Sud del Mediterraneo legati all’ambiente marino e terrestre ed all’Economia reale. Infine il presidente del Distretto siciliano ha parlato della best practice “Blue Sea Land”, l’Expo dei Cluster del Mediterraneo, Africa e Medioriente la cui sesta edizione è stata dedicata alla green e alla blue economy nell’economia circolare e alla cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo, Africa e Medioriente. Ha chiuso i lavori il Prof. Fabio Fava, docente dell’Università di Bologna, uno dei massimi esperti di bioeconomia a livello europeo


Al Palazzo del Quirinale


Il presidente Sergio Mattarella e Giovanni Tumbiolo


Un micidiale arresto cardiaco ne ha stroncato prematuramente l'esistenza, impedendogli di raggiungere gli ambiti traguardi che si era ripromesso e che quasi certamente avrebbe conseguiti. Con lui muore l'unico ambasciatore della nostra città nel panorama internazionale. 
Lascia inconsolabili la moglie Daniela Grimaudo, i figli Marco e Vittoria e un'intera comunità.
Intitolato a suo nome l'Osservatorio della Pesca del Mediterraneo, braccio scientifico del Distretto della Pesca e Crescita Blu


Un'intervista















Apprezzamenti dell'opera di Giovanni Tumbiolo
L’Assessore dei Beni culturali Sebastiano Tusa, che ha condiviso con Tumbiolo numerose iniziative, lo ricorda nella sua incessante opera al servizio dello sviluppo del Mediterraneo.
Giovanni Tumbiolo ha dato un contributo non indifferente a proteggere e valorizzare il Mediterraneo non solo limitandosi alla protezione del pescato e della marineria, ma riuscendo a inserire il mondo della pesca in un più vasto contesto culturale e antropologico. Attraverso le sue appassionate parole abbiamo appreso che la pesca è cultura, storia esperienza umana e la sua salvaguardia non significa soltanto proteggere una limitata economia, ma garantire un futuro ai nostri territori e al Mediterraneo. Quando parlava di blue economy ci insegnava che mare non significa soltanto pesca, ma con una visione strategica eccezionale inglobava con quel termine tutto ciò che intorno al Mediterraneo ruota: dall’energia alternativa all’archeologia, dalla biotecnologia alla cantieristica e all’innovazione tecnologica. Attraverso le sue parole vedevi quella moltitudine di uomini e donne che hanno fatto grande il Mediterraneo con il loro sacrificio e il loro talento. La sua visione strategica era basata su uno spiccato sentimento di solidarietà e di fratellanza che lo portava a dialogare con tutti i popoli del Mediterraneo lanciando costantemente segnali concreti di pace e dialogo costruttivo. Ricordava sempre quando ci vedevamo un episodio illuminante della sua tensione etica verso la pace e la fratellanza. Un motopesca di Mazara del Vallo era stato sequestrato dalle autorità libiche ed era bloccato nel porto di Derna. Oltre ai problemi inerenti la pesca era stato bloccato perché a bordo trovarono alcuni frammenti ceramici antichi pescati in mare. Mi telefonò da Bengasi e mi pregò d’intercedere presso le autorità del locale Dipartimento di Antichità affinché rappresentassero la poca importanza di quei cocci che tenevano lontano dalle loro famiglie i marinai del motopesca. Intervenni subito e il motopesca fu rilasciato. Non cessò mai di ringraziarmi per quel mio dovuto intervento dimostrando la sua grande umanità e il suo amore per il mondo della marineria che sarà
 per noi un insegnamento imperituro”.

Una mia personale riflessione a caldo
Riflessioni sul dopo
Inaspettatamente ci ha lasciato un grande manager, una persona che consideravamo a pieno titolo l’ambasciatore di Mazara nel panorama internazionale. Era riuscito a realizzare grandi occasioni di crescita non solo della nostra città ma anche dell’intera Sicilia. La sua intuizione della “Blue economy” che ci vedeva proiettati in cooperazione con i popoli del Mediterraneo, dell’Africa sub-sahariana, col Medio Oriente, frutto della sua indiscussa capacità diplomatica e della sua significativa competenza internazionale nel settore della Pesca, adesso che fine farà? Nell’immediato il problema sarà relativo, perché il il Blue Sea Land per il 2018 era già in fase avanzata di progettazione, per cui probabilmente si realizzerà lo stesso. Chi sarà in grado di raccogliere questa impegnativa eredità? Basterà una sola persona a colmare il grande vuoto da lui lasciato? O data la multicompetenza di Giovanni, dovrà essere affrontata da un’intera equipe di tecnici? Vedo molti nubi addensarsi all’orizzonte, mi si stringe il cuore a pensare che vada disperso l’enorme patrimonio culturale ed economico che lui aveva realizzato. Il tempo ci darà la risposta a questo agghiacciante interrogativo (Pino Catalano)


Basilica Cattedrale minore - I funerali

06 maggio 2017

“Mazara forever”. Dieci anni nella memoria

di Nino Giaramidaro


Prendiamone una a caso. Vecchia cartolina di piazza Matteotti. Si chiamava allora Torre Bianca, Turribianca per gli intimi. Forse ancora prima sarà stata detta Turris Alba oppure Eburnea – alla lettera – e quindi ‘Abyad. Chissà quali e quanti altri nomi avrà avuto quel triangolo scaleno di terriccio dove finiva la trazzera 484 – poi provinciale 50 – di Salemi, una volta Salem, forse Semellia. Niente asfalto, una grande fontana che nella fotografia non si vede, intorno case superstiti all’Ottocento, lo stradone che si allunga sino al mare e le svolte a sinistra e a destra che saranno intitolate a Vittorio Veneto e che gli indigeni, ignari del Tempo, continueranno per alcune generazioni a riconoscere come la Strada della Corsa.


La fotografia – essenziale e scarna – non può dire perché Torre, ma la fantasia, frugando nell’indifferenza del Tempo, può avventurarsi in risposte, anche le più spericolate. Forse era una stazione turrita sull’itinerario siciliano percorso dai pellegrini della Via Francigena, l’ultima di terraferma prima di imbarcarsi per Siracusa o Messina, da dove raggiungere il cammino estremo verso la Terrasanta.
Cantiere Ingargiola - varo
Suggestioni estenuanti cliccando su “Mazara forever”, sito con migliaia di immagini che riguardano la città e i suoi abitanti, le sue vicende e i suoi ospiti. Lo ha ideato e realizzato Giuseppe (Pino) Catalano, medico e, nei miei ricordi, rapido giovane, quasi turbolento, di scelte improvvise che beneficiavano sempre della fortuna: insomma una persona che non perdeva tempo, caratteristica quest’ultima che distingue uno sciocco da chi è “in gamba”.

1946 Matrimonio
«Ondeggianti figure apparse in gioventù allo sguardo offuscato. Tenterò di non farvi svanire. Vi lascerò salire accanto a me dal velo di nebbia e di vapori». Cadono in taglio queste frasi di Goethe. E rivelano lo struggente sentimento che padroneggia le giornate di coloro i quali hanno smesso di avere fretta, di pensare ad un futuro che non vuole essere zavorrato dal passato, incarnazione imperfetta del Tempo.«È stata una “missione” titanica – dice e scrive Pino Catalano in occasione del decennale del fortunato sito – ma ha dato i suoi inaspettati e meravigliosi frutti.
Anni '50 - Motopesca in navigazione
Mi sono accorto, dieci anni dopo, di avere realizzato, inconsapevolmente, un grande “libro” nel quale si annodano in un inestricabile intreccio nomi, luoghi e generazioni di un’intera comunità, e ciò ha reso possibile dispiegare quella che, con qualche approssimazione, potremmo chiamare l’identità di una città».rio Asaro, marò trombettiere del Battaglione San Marco incorniciato in un salvagente, che dalla via San Giovanni di Mazara rimbalza a Tientsin, pezzettino di Cina sotto Pechino occupato dall’Italia da dopo la rivolta dei Boxer sino al 1943. Era figlio di don Cola lu ugghiaru. La bottega di don Cola, l’odore dell’olio che traboccava sulla strada, a destra sul bancone unto c’erano i luccicanti misurini di latta con la “verifica” della capacità incisa: 10 centilitri, un quartino, mezzo litro sino al contenitore da un litro quasi nuovo. Don Cola col suo grembiule giallo-verde distribuiva nelle bottigliette cento grammi, tre unze, e arrivava pure a mezzo litro. Sino a tardi, quando, finalmente, prendeva corpo nelle tasche dei suoi clienti l’entità della cena

1946 - Campo scout
Fa angolo con la via Giuseppe Ungaretti quella dedicata a monsignor Giovan Battista Criscuoli, parroco della cattedrale negli anni ‘40 e ‘50, sommesso protagonista politico e capo spirituale degli scout dell’Asci e dei giovani dell’Azione cattolica. Meglio noto come “Patririscola”. Era vecchio, canuto e poco malleabile. Tralasciando l’aneddotica fra lui e il sagrestano Tano a proposito di acqua e vino, il suo volto dirada le nebbie sulla memoria di giovani conosciuti intorno al finire degli anni ’40 e l’inizio dei ’50.


Alcuni mi sono rimasti amici, di altri non so più il nome, tutti che mi guardano come per sorprendermi dalle incredibili pagine di “Mazara forever”. Su quei visi stringo gli occhi alla ricerca di episodi, fatti vissuti insieme, giorni e notti trascorsi su quel circuito delle vie Garibaldi e Porta Palermo, corso Vittorio Veneto e Umberto sino a giungere alla terrazza sul mare di piazza Mokarta per contendere al cameriere Pino Russo le sedie e i tavolini del bar di Vito Sardo. Hanno il volto del tempo, non più di un amico, un memorabile, un parente, un qualcuno: il tempo mazarese salvato, sospeso sotto forma di pixel che, dicono, sono figli dell’eternità. Quelle esistenze dureranno più delle pennellate di Vermeer, della Gioconda, dell’arte fatta di materia perché sono virtuali, cioè immateriali così come il Tempo.


Certo un cognome non agevole per un fascista, che si prestava al pericoloso bisticcio di parole camerata-compagno. Nemmeno le regole della lingua che traducevano Milocca in Milena, Spaccaforno in Ispica, Louis Armstrong in Luigi Braccioforte, garçonnière in giovanottiera, Bob Hope in Roberto Speranza, Wanda Osiris in Vanda Osiri potevano soccorrere un cognome in perfetto italiano. Probabilmente i camerati provavano un certo imbarazzo quando nelle adunate si procedeva all’appello a voce alta.Il vice Gotha della città – il Gotha naviga sempre di bolina – appare in piccole immagini degli anni in camicia nera. Rubino (podestà), Saffiotti, Sansone, Norrito, Milone, Grassa, Sanfilippo, Di Giorgi, e Totò Compagno. Me lo ricordo a mezzo busto, dietro il banco della sua tabaccheria in via Marina – forse via Sant’Antonio – assediata dalle patate Burgio, poi alla fine della via Luigi Vaccara.



Cartella calcio. Diffusa, precisa, una moltitudine di nomi e ricordi, aperta al tempo precedente. Ecco una formazione errante negli anni. Barracchedda (Filippo Lodato) in porta, a volte tanto per dire, protagonista di acrobatiche e barocche parate che spesso arrivavano dopo il pallone, Baldassare Gallo – chiamato anche Batassano perché Baldo ancora non era nell’uso – terzino destro, Giovanni Marrone, Ballarin, come l’Aldo del Grande Torino, Pino Vento, Ettore Saffiotti, Pierino Di Liberti (ruolo naturale terzino), Franco Tumbiolo, detto Francolino, insidioso e veloce, Pino Bruno, Pino Catalano, Salvatore Rallo, cioè Turi Ramunnu, Pietro Ferrantelli.

una formazione del'U.S. Mazara - anni Sessanta
Scampoli alla Rinfusa. Il terzino Volk, che continuava ad allenarsi da solo dopo il fischietto del finis. Metodico, silenzioso, oltre il metro e ottanta, biondastro, fisico da Wehrmacht, forse uno dei tanti fuggiaschi di fine guerra che si aggiravano in Sicilia, forse solo un mio cattivo pensiero. Garabedian, allenatore asciugato dagli anni, calzoni alla zuava, bastoncino e orgoglio della sua diaspora armena, restio ai compromessi, emanava disposizioni atletiche bruscamente, forse era un ittita errante. Sergio Vergazzola era stato un ottimo centravanti in serie B, poi l’età e i guai a un ginocchio lo convinsero a diventare allenatore – giocatore, e faceva gol: a tu per tu con il portiere, spingeva con pigra precisione il pallone n° 5 in rete.
Il portiere palermitano Tarantino: fu portato in trionfo dopo una partita nellaquale aveva parato tutto con quelle sue braccia lunghissime e l’andatura caracollante; forse aveva neutralizzato persino Mannarà, malpelo e velenosa ala sinistra dello Sciacca, rimasto memorabile. Poi De Benedettis, gambe storte e tiro gol dal calcio d’angolo. Venditti, anziano uomo assist, scrupoloso, era giunto con tutta la famiglia. Salvatore Bua da Castelvetrano, centravanti con i calzettoni alla Sivori e il movimento alla Paolo Rossi. Sten Guttadauro, uno degli allenatori rimasti nella memoria, con Pollak e pochi altri. Non ricordo nient’altro di loro se non il nome, credo perché insoliti e quasi stranieri. E i nomi illustri: Piola, Passarella, Ricagni, anche un Di Stefano; erano altri, omonimi dei campioni ma lo stesso carichi di suggestioni.


Galleria di ritratti degli anni ’50. La maggior parte in studio: Boscarino e La Bianca; forse non c’era più, a metà della via Garibaldi, l’atelier del fotografo Lazzara. Una collezione democratica, dal falegname al muratore, da Gino Caci, provetto meccanico navale con moglie bella e profumiera. Il dottore Vito Mauriello, che quando cadevo con la motocicletta, lasciava il Circolo Nuovo per venirmi a visitare a casa, oltre il ponte littorio sul Mazaro, e senza farsi mai pagare. Don Filippino Adamo, assediato da biciclette e motociclette fuori della sua botteguccia in piazza Mokarta. Era appassionato di ruote e caccia.

Tutta una schiera di Tumbiolo che, anche a metterci i nomi di battesimo, resta difficile capire di chi si tratta. Il ragioniere Vito Di Liberti, fotografato per strada nel ’35, in elegante doppiopetto, con sigaretta e l’aria di un tombeur de femmes che si fa pubblicità. Michele D’Annibale, figlio di Martino, anzi di Martino lu grossu, perché c’era un altro Martino D’Annibale nella via Garibaldi, pure panettiere, ma per distinguerlo era chiamato Martino lu siccu. Mai più assaporata rianata come quella del primo Martino, alta e soffice, e il “pane francese”, sottile e lungo con un sapore che sarebbe inutile cercare di descrivere.
In una foto delle tribune dello stadio si vede Peppino Stabile, uomo popolare, il sorriso largo e con impareggiabili gocce mefistofeliche, spese tutta la sua perseveranza per diventare messo comunale, nel frattempo di lunghi anni si arrangiava sino – dice la leggenda – a vendere il bilico della dogana a vignaioli marsalesi diversi anni prima che Totò vendesse la Fontana di Trevi a un americano.
Non è possibile sfogliare i titoli di Mazara forever tutti d’un fiato. «Il mio piccolo e istintivo progetto – dice Pino Catalano – col tempo si è ingigantito e ci ha travolto tutti in un vortice emozionale. Ha anche commosso tanti di coloro che hanno dovuto lasciare il suolo nativo e ha dato l’opportunità ad essi di gioire con noi nel poter rimembrare. Non è mio costume auto celebrarmi, ma come spesso ho ripetuto, se non promuovi il tuo lavoro, anzi il “nostro” lavoro, tutto rimane vano. La divulgazione e la ricerca di nuovi adepti è condizione necessaria ed indispensabile per un ulteriore incremento e miglioramento del certosino lavoro realizzato».

Concludo i miei clic sul secolo delle infatuazioni nell’indice Scuola. Anno scolastico ‘48/’49, trovo nella II B Nenè Gagliano, Angelo Villani, Alberto Polizzi, Aurelio Norrito, e Sergio Mavilla – mi somigliava tanto che una volta mia madre lo schiaffeggiò al posto mio, – Ermanno Paladino – mio tenace istigatore verso il mestiere che ho fatto, – Inzone, Stefano Inzone, magico manovratore di strumenti Morse, trasmetteva e riceveva insieme a Nicolò Quinci nel reparto scout Mazara 2. Non so più nulla di lui, e me ne dispiace.
Se insistete a guardare quelle facce potete sfiorare la vertigine del passato e non vedere più il viso di un amico, di un qualcuno, ma il volto del tempo. «All’attimo direi: / sei così bello, fermati! / Gli evi non potranno cancellare /l’orma dei miei giorni terreni». Ecco, forse attribuire a Pino Catalano i versi del Faust di Goethe è esagerato, ma lui ha messo da parte, anche per me, storie della mia giovinezza e tante altre sospese sopra quindicimila attimi fuggenti.

Cittadino d'eccellenza

il 5/5/2018  è stata adottata una nuova onorificenza civica dall'Amministrazione comunale guidata dal sindaco on. Nicola Cristaldi. Ho avuto l'onore e il grande privilegio di essere stato il primo ad essere insignito di tale riconoscimento e precisamente quello di "Cittadino d'eccellenza" (con determina sindacale n. 72 del 21/4/2018). Nella medesima cerimonia sono state concesse due Cittadinanze onorarie a suor Paola Dal Pra e al prof. Italo Farnetani. 





La proclamazione


... il doveroso ringraziamento alle Istituzioni civiche






Angela Manciaracina (la mia dolce consorte)

La pergamena di attestazione
La enorme mole di lavoro svolta e la grande abnegazione avuta nel corso degli anni per lasciare ai posteri un piccolo contributo alla conservazione di memorie della Storia Patria, altrimenti disperse o peggio perdute, hanno dato il primo frutto: il riconoscimento ufficiale della Civica Amministrazione, che va a coronare il quotidiano apprezzamento che il blog ha ricevuto dai suoi fruitori. Il doveroso ringraziamento l'ho espresso al primo cittadino durante la cerimonia, ma il grande sentimento di gratitudine verso tutti coloro che, con il loro piccolo o grande contributo, hanno permesso il raggiungimento di tale traguardo, lo esterno attraverso questo post celebrativo. Mazara forever non avrebbe mai potuto raggiungere questi traguardi senza i vostri preziosi contributi. Grazie di cuore a nome mio e della città.

"L'identità di una città è la sua storia. E' questo un dato scontato che tuttavia richiede alcune precisazioni. Contrariamente a quello che crediamo l'identità non è né un fatto oggettivo né uno statico. Ciascuna comunità non è solo come la storia l'ha fatta, ma anche, e soprattutto, come si rappresenta, e sia detto per completezza, anche come gli altri la rappresentano. La storia è qualcosa di più complesso rispetto a quanto pensiamo"