21 aprile 2011

La tragedie dell'Andromeda

Nella notte del 16 dicembre del 1960, il peschereccio "Andomeda" affondò, dopo essersi schiantato sugli scogli del porto dell'isola di Lampedusa, sulla sponda di ponente ("cozzu punenti"). Dei quindici uomini dell'equipaggio solo tre si salvarono. Un ennesimo tributo di vite umane al mare. Sopravvissuti: il cuoco Mario Marino, il motorista Pietro Giacalone e il timoniere Asaro (Asso).

Motopesca Andromeda
Armatori: i fratelli Quinci (battisteddra) e Asaro (caccavecchia)


Il giovane comandante

Equipaggio: Giovan Battista Gilante, Calogero Siragusa, Bartolomeo Quinci, Vito Giacalone (di Salvatore), Aurelio Perdipino, Antonino Asaro, Vito Giacalone, Paolo Fiorentino, Gaetano Giacalone, Nicolò Asaro, Antonino Ballatore, Franco Abione, Pietro Giacalone, Mario Marino

“Onde alte come montagne, vento di scirocco da levante, mare forza sette, e la nuda, nera scogliera di Lampedusa che si ergeva nel buio, più fosca della notte; mani convulsamente avvinte al bordo del castello di prora: quindici vite sospese in un abisso urlante e spumeggiante; quindici giovani uomini che di tanto in tanto si davano la voce per sentirsi vivi, in quel buio tremendo, in quell’inferno liquido che sferzava la barca, portandosi via ogni volta qualcuno … qualcuno che non rispondeva più all’appello del capitano e dei compagni. Si sono salvati in tre, ma non sanno neppur essi come e perché; due aiutandosi a vicenda, il terzo comparendo all’improvviso nella capanna dei pescatori di Lampedusa che avevano dato ricovero e conforto ai primi. E poi, più nulla: non arrivò più nessuno.
[fonte Nicol Argirò]